Sinassario

San Ciro era un monaco nativo di Alessandria, mentre Giovanni era un soldato nativo di Edessa, in Mesopotamia. Secondo la tradizione si conobbero perché, a causa della persecuzione di quel tempo, Ciro fuggì verso il Golfo d'Arabia, dove si trovava una piccola comunità di monaci e Giovanni, a cui era giunta fama del monaco, si unì a lui. Visto che Ciro conosceva l'arte medica, per anni i due si dedicarono alla cura dei malati.

Sebbene le fonti sulla loro vita siano assai incerte, è accreditata la versione secondo la quale Ciro e Giovanni subirono il martirio per aver voluto assistere Atanasia e le sue tre figlie, Eudossia, Teodota e Teoctista; queste, infatti, erano state arrestate per la loro fede cristiana e temendo che le giovani figlie, terrorizzate dalle torture a cui sarebbero state sottoposte, rinunciassero a Cristo, si unirono a loro per sostenerle, assoggettandosi essi stessi al martirio. Furono decapitati nell'anno 303 sotto Diocleziano (secondo altre fonti il 313 o il 292). La loro tomba divenne luogo di pellegrinaggio e di miracoli e per questo vennero soprannominati anargiri, cioè guaritori.

(vedi anche la ricorrenza del 28 giugno)

Vangelo

Matteo 10,1.5-8

Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d'infermità.
Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti:
«Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele. E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.

Epistola

1Corinzi 12,27-13,8a

Fratelli voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte.  Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi vengono i miracoli, poi i doni di far guarigioni, i doni di assistenza, di governare, delle lingue.  Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti operatori di miracoli?  Tutti possiedono doni di far guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?  Aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore di tutte.

Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.  E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.  E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia,  non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto,  non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità.  Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.  La carità non avrà mai fine.